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Why Switzerland struggles with dirty gold: tales from Peru

logo https://stories.swissinfo.ch/perche-la-svizzera-lotta-contro-l-oro-sporco-racconti-dal-peru

Introduzione

I cercatori d'oro illegali hanno devastato l'Amazzonia peruviana, lasciando dietro di sé ampie aree di foresta deturpata e avvelenata. Dopo aver scoperto che il suo maggiore fornitore di oro in Perù si riforniva da queste cave abusive, il raffinatore svizzero Metalor ha bloccato tutte le importazioni dal Paese sudamericano.
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Il prezzo del metallo prezioso, mai così alto negli ultimi dieci anni, spinge i minatori a continuare l'estrazione in una zona dove l'attività mineraria va a braccetto con quella criminale e dove l'applicazione della legge lascia piuttosto a desiderare.
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Visto dall'alto, il paesaggio sui due lati dell'autostrada intercontinentale del Perù appare identico ed è punteggiato da ampie chiazze sabbiose e pozze di acqua melmosa. Tuttavia, anche se monotona e poco accogliente, l'area è strategicamente importante. È la principale arteria di trasporto della regione Madre de Dios, a Sud-est del Perù, dove è in corso una caccia all'oro.
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Per le migliaia di minatori che cercano di guadagnarsi di che vivere nella giungla, l'autostrada è la linea di demarcazione tra chi cerca di rispettare le leggi e chi, invece, le viola.

Le autorità peruviane hanno dichiarato riserva naturale l'area di Tambopata e hanno vietato l'estrazione di minerali nella zona cuscinetto localizzata su un lato della strada. Sull'altro lato hanno delimitato un "corridoio minerario", dove l'estrazione d'oro è permessa, a determinate condizioni.
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Stando al governo, in ampie aree di questa regione l'applicazione delle leggi non segue una linea così netta come il percorso dell'autostrada. E questa situazione, dicono gli esperti, ha favorito le attività minerarie illegali che sono responsabili della deforestazione su larga scala e dell'inquinamento da mercurio.
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Secondo alcune organizzazioni non governative, questo oro finirebbe in Svizzera. Le ONG accusano i raffinatori, i gioiellieri e gli orologiai elvetici di far capo a questo "oro sporco". E ciò potrebbe presto avere delle conseguenze. I legislatori in Svizzera, il principale raffinatore d'oro al mondo, stanno discutendo di inasprire le sanzioni per le aziende che sostengono attività che violano i diritti umani e che danneggiano l'ambiente all'estero.
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Ma non è facile individuare l'oro "sporco". Infatti, le reti criminali e i minatori illegali cercano spesso di cancellarne le tracce, mischiandolo con quello ottenuto in maniera legale prima di immetterlo sul mercato internazionale. Così hanno spiegato i minatori, i commercianti e le forze dell'ordine incontrati da swissinfo.ch in Perù. Per i raffinatori svizzeri e i commercianti d'oro è quindi particolarmente difficile sapere se comperano e importano oro illegale.
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Alcuni hanno gettato la spugna. All'inizio del 2019, il raffinatore svizzero Metalor ha smesso di rifornirsi dai minatori d'oro artigianali dell'America latina. Il gruppo ha preso questa decisione all'indomani del sequestro da parte dei funzionari doganali peruviani di 91 chili di lingotti d'oro dell'esportatore locale Minerales del Sur destinati alla raffineria elvetica. Le autorità peruviane sospettavano che il carico contenesse oro di provenienza illegale, forse anche dalla regione Madre de Dios.
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Nella regione, le autorità sono scese in campo per lottare contro le migliaia di minatori illegali, una battaglia persa fin dall'inizio. Secondo le stime del Centro di innovazione scientifica amazzonica, un laboratorio di idee con sede a Tambopata, negli ultimi trent'anni a Madre de Dios, a causa dell'estrazione mineraria sono stati distrutti 960 chilometri quadrati di foresta, un'area pari a quella della città di Hong Kong.

L'esercito cerca di far rispettare la legge, facendo saltare in aria le cave illegali. Il più delle volte, la gente si sposta semplicemente in un'altra zona, dove ricomincia l'attività mineraria.
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Ma le autorità non mollano la presa. L'esercito peruviano ha lanciato recentemente l'operazione Mercury nell'area La Pampa, sul lato dell'autostrada intercontinentale dove l'estrazione mineraria è illegale. I militari presidiano la zona per scacciare i minatori abusivi. Nello stesso tempo, le autorità hanno promosso in maniera più decisa un programma volto a certificare l'attività dei minatori che rispettano gli standard ambientali e sociali.

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Fare le cose per bene

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Juan Ttamiña ha estratto oro lungo le rive del fiume Pukiri per quasi tre decenni. Originario della regione andina di Cusco, si è trasferito con i genitori nell'Amazzonia peruviana in cerca di una vita migliore.

"Abbiamo lavorato per anni qui, spinti dalla necessità e per tirare avanti", racconta. "Stiamo cercando di dare una svolta alla nostra esistenza, migliorandola per noi e i nostri figli".

Per lungo tempo ha operato in un ambito poco regolamentato, in un vacum legislativo, estraendo e commerciando oro in mezzo alla giungla, senza quasi alcun controllo da parte delle autorità. Ma questa situazione sta lentamente cambiando visto che i raffinatori e i consumatori chiedono che l'estrazione mineraria sia ecologicamente sostenibile e che sia possibile ripercorrere l'intera filiera di produzione.
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L'area dove può estrarre l'oro si trova nel corridoio minerario, una zona di circa 500 mila ettari (l'equivalente di quasi un milione di campi da calcio). Qui le attività devono rispettare gli standard ambientali e sociali.


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Ttamiña ha fatto richiesta al governo di poter aderire al programma di formalizzazione perché vuole che il suo lavoro venga certificato legalmente. A metà agosto del 2019, solo 117 dei 4'500 minatori hanno visto accettata la loro domanda. Juan spera di essere uno dei prossimi.
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Per ottenere la certificazione, Ttamiña deve provare che sta rimboscando aree deforestate e che non impiega mercurio nell'estrazione dell'oro. In una struttura appositamente costruita, ha installato una tavola vibrante per separare l'oro dal resto della terra senza l'uso di mercurio.


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Inoltre deve rispettare le leggi sul lavoro e pagare le tasse. Ttamiña dice che vende l'oro a un commerciante. In passato, quest'ultimo faceva parte di un consorzio che trattava direttamente con il gruppo Metalor e che emetteva fatture di vendita.

Secondo il minatore, queste regole non frenano il commercio illegale. Infatti, è risaputo che i commercianti autorizzati acquistano oro da fonti discutibili. E questi ultimi non si limitano alla zona conosciuta come La Pampa, ai margini della riserva nazionale Tambopata.

"Per non avere problemi, abbiamo soddisfatto tutte le richieste", dice Ttamiña, riferendosi ai requisiti fissati dallo Stato e mostrando la tessera che certifica la sua domanda di formalizzazione. Questo pezzo di plastica è il suo unico scudo contro i possibili blitz della polizia.

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Nel 1989, Ttamiña ha iniziato a lavorare nella miniera che si trova sulle rive del fiume Pukiri, vicino alla città Delta Uno nella regione Madre de Dios. In quegli anni, Madre de Dios non era ancora stata invasa dai minatori abusivi, giunti nella miniera dopo che la crisi finanziaria del 2009-2010 ha fatto esplodere il prezzo dell'oro.

Ttamiña ha lavorato duramente per uscire dalla miseria. All'inizio, la sua famiglia possedeva soltanto un paio di carriole e una semplice pompa a motore per l'acqua utilizzata per lavare il materiale grezzo. Oggi, l'uomo di mezza età dà lavoro a 22 persone che impiegano moderni escavatori meccanici e camion per rimuovere la terra dalla sua 'cuadricula', la zona di un chilometro quadrato di cui ha la concessione.

"La produzione non è sempre uguale. Oggi potrebbe essere maggiore, ma anche minore", spiega Ttamiña mentre due operai concludono il loro turno. Per otto ore hanno slavato il materiale grezzo con l'acqua su due scivoli. I dipendenti dormono sul posto in un dormitorio di mattoni a un piano.

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In media, la sua ditta estrae 32 grammi di oro per scivolo e per turno. Calcolando che ogni grammo di oro ottenuto frutta 120 sol (circa 35,5 franchi svizzeri), l'azienda guadagna 15,000 sol (4'343 franchi) al giorno.

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Anche se sembra molto, dopo aver dedotto tutte le spese l'utile netto è magari di soli 500 sol (145 franchi) al giorno. Bisogna acquistare il carburante per far funzionare camion e macchinari. Inoltre, Ttamiña deve provvedere alle spese della moglie, dei due figli e della figlia che vivono nella vicina Cusco, dove vanno a scuola. Li vede solo ogni due mesi per dieci giorni.

Ttamiña vuole continuare l'attività mineraria sulla sua parcella per altri 10-15 anni. In seguito, intende trasferirsi in un'altra zona.

Spera che la prevista riforma della legge sull'estrazione mineraria in Perù favorisca i piccoli e medi minatori come lui e non le grandi multinazionali internazionali. Inoltre, si augura che lo Stato li sostenga nel loro impegno per estrarre il minerale prezioso in maniera sostenibile e non continui a vessarli con i controlli e i blitz della polizia e dei militari, operazioni in continuo aumento dopo il lancio dell'operazione Mercury.

Ttamiña è contento che il governo abbia velocizzato e facilitato il processo di formalizzazione, ma non è un sostenitore dell'operazione Mercury. Quest'ultima ha contribuito a diffondere l'idea che tutti i minatori della regione Madre de Dios lavorano in maniera illegale, anche se alcuni cercano di rispettare le regole e gli standard fissati dal governo.

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Il mercato nero

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Walter Baca è un ex minatore che ora affitta attrezzature minerarie. La sua famiglia e i suoi parenti sono stati accusati di aver svolto attività minerarie illegali e di aver avuto rapporti finanziari con il raffinatore svizzero Metalor.

Quando lo abbiamo incontrato a Huepetuhe, capoluogo della regione Madre de Dios, non ha voluto esprimersi riguardo a queste accuse. Ci ha però svelato alcuni retroscena sul commercio dell'oro. "È soprattutto chi compera ora ad eludere la legge", dice Baca. "La gente continua a lavorare illegalmente poiché ha degli obblighi nei confronti degli acquirenti".
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Baca è il nipote di una nota coppia: Gregoria Casas e Cecilio Baca. Sono stati i primi coloni a giungere nella miniera a cielo aperto di Huaypetue dove è iniziata l'attività d'estrazione. Stando al sito web di giornalismo investigativo Ojo Publico, la coppia è proprietaria di 18 lotti e per vari anni è stata indagata per attività minerarie illegali e riciclaggio di denaro sporco.

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Inoltre, Ojo Publico ha riportato le accuse di funzionari doganali peruviani secondo cui Metalor avrebbe effettuato pagamenti su conti bancari di proprietà di membri della famiglia Baca, tra cui la zia e i cugini di Walter Baca. Alcuni membri della famiglia hanno sostenuto di essere vittime di macchinazioni politiche oppure di qualche tornaconto economico.

L'ex minatore non ha voluto commentare queste accuse contro i suoi parenti. Ha però ricordato che molti commercianti locali sono coinvolti in pratiche di evasione fiscale e corruzione. Li accusa di manipolare il mercato, di controllare i prezzi e di non emettere alcuna fattura d'acquisto. I minatori devono invece sottostare ai loro ordini.
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"Quando l'oro arriva a Lima, i compratori… lo uniscono per venderlo allo stesso acquirente", spiega Baca, indicando che, a volte, il compratore è il gruppo Metalor. Alla nostra domanda se fosse a conoscenza del coinvolgimento dei principali commercianti di oro della regione Madre de Dios e dell'accusa che questi ultimi combinassero i loro acquisti, il raffinatore svizzero risponde: "No. Non comperiamo oro in questa regione".

Un portavoce della compagnia ha assicurato a swissinfo.ch che Metalor si è "molto impegnata" nel processo di formalizzazione in Perù e ha informato le autorità sulle sue preoccupazioni riguardo alla tracciabilità. "Finora, le risposte ottenute dalle diverse autorità peruviane sono molto rassicuranti", ci scrive il portavoce. "Tuttavia, siamo delusi dal fatto che il quadro normativo e la sua applicazione non sono sufficientemente solidi".

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Chiediamo a Baca se è preoccupato per gli affari visto che ora la Metalor non compera più oro in Perù. "Per i minatori non cambia molto visto che trovano sempre degli acquirenti", sostiene. "Prima dell'operazione Mercury, la gente poteva svolgere la propria attività mineraria senza alcun problema visto che l'autorità governativa non li controllava", continua Baca.

Quando il prezzo del metallo è aumentato, molti hanno acquistato nuovi macchinari per addentrarsi nel cuore della giungla, inquinando i corsi d'acqua e il sottosuolo con il mercurio. Anche se nel 2018 il Perù ha ratificato un accordo internazionale volto a ridurre la contaminazione da mercurio, è facile acquistarlo online in tutto il Paese.
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Baca accusa di complicità i funzionari governativi precedenti. Secondo l'ex minatore, questi si sono messi d'accordo, favorendo così le reti criminali che acquistavano oro. Sostiene inoltre che il governo dovrebbe concentrare la sua attenzione piuttosto sui commercianti d'oro e non sulle piccole attività minerarie. "Il processo di formalizzazione non persegue alcun obiettivo", dice Baca. "È come se stessimo andando verso un abisso".

Dopo che sei anni fa, nell'ambito di un blitz volto a reprimere le miniere illegali, l'esercito peruviano gli ha fatto saltare in aria tutta l'attrezzatura per l'estrazione mineraria, Baca ha deciso di cambiare attività professionale. Oggi noleggia macchinari "ai minatori che partecipano al processo di formalizzazione", quelli che intendono rispettare le regole e gli standard ambientali e sociali.

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La gente racconta che chi ha dovuto fare i conti con l'operazione Mercury, come Baca, ha cercato una via alternativa per sbarcare il lunario, continuando a lavorare in questo settore. C'è chi si è addentrato nella giungla, avvicinandosi alla riserva naturale di Tambopata. Altri hanno attraversato l'autostrada interoceanica per continuare a fare profitti, operando ai margini della legalità nel corridoio previsto per l'estrazione mineraria.

La maggior parte dei minatori è fuggita dalla regione di La Pampa, dove l'attività mineraria è vietata, quando hanno sentito parlare dell'operazione Mercury. Duecento persone sono state comunque arrestate e milioni di dollari di macchinari e attrezzature sono stati sequestrati e distrutti.

Baca ricorda ciò che ha vissuto personalmente: "La gente lavora all'impazzata. Visto che il governo bombarda i campi o requisisce le macchine, i minatori lavorano come matti. La strategia governativa non va bene".

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La villa di lusso di Baca sovrasta una città di lamiere piena di commercianti d'oro sfuggenti come anguille, loschi bar e nightclub con avvenenti giovani donne. Queste ragazze, per lo più provenienti da povere regioni di montagna, sono attratte dalla prospettiva di poter lavorare come domestiche o cameriere, promesse che di solito si rivelano false.

Il generale Luis Vera, capo della Direzione per l'ambiente della polizia nazionale peruviana, ci dice in un'intervista condotta a Lima che l'esercito ha trovato posti analoghi quando si è recato nella regione dov'è diffusa l'attività mineraria illegale. "Ci sono stati molti abusi e sparizioni perché non c'era un'autorità pubblica", dice Vera. "I responsabili o finanziatori dei lotti illegali facevano il bello e il brutto tempo".

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Ai margini della zona d'estrazione illegale, i residenti dicono che i minatori sgobbano anche di notte per sfuggire ai loro aguzzini. All'alba, dopo aver finito di lavorare, nascondono le loro vie d'accesso con le tavole che impiegano per superare le buche e viaggiare con le loro moto sui sentieri melmosi nel sottobosco della foresta.

"A volte si sente il rumore dei motori che funzionano nel cuore della giungla", dice Doris, una donna che gestisce un hotel situato lungo la strada. Non vuole dirci il suo nome completo. "C'è un sacco d'oro là fuori. In una giornata si possono guadagnare 1000 sol" (290 franchi).

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Nonostante non sia ancora riuscita a bloccare l'attività mineraria illegale, l'operazione Mercury ha però il merito di aver rallentato l'estrazione selvaggia a La Pampa, una zona devastata.

Stando al programma di monitoraggio della foresta amazzonica andina, la deforestazione causata dall'attività mineraria è diminuita del 92% tra il 2018 (900 ettari) e la prima metà del 2019 (67 ettari). Questi dati indicano la situazione prima e dopo l'inizio dell'operazione Mercury.
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Il colonnello Luis Guillen Polo, il comandante dell'operazione Mercury, spiega che l'esercito non dà solo la caccia ai minatori abusivi, bensì anche ai compratori e commercianti d'oro illegali.
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Insabbiamenti e inquinamento

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Tuttavia, un risoluto giro di vite del governo peruviano nei confronti dei minatori illegali non basterà per sradicare il traffico di oro "sporco". Serve anche un esercito di esperti contabili. Molteplici indagini penali da parte di procuratori statali e articoli investigativi pubblicati da media locali evidenziano la difficoltà di garantire la tracciabilità dell'oro. Infatti, molte compagnie peruviane e i loro agenti o rappresentanti locali emettono fatture fasulle.

La complessità dei legami familiari e dei rapporti commerciali impediscono di vedere chiaro nelle attività delle società nella regione. Ciò spiega perché molti piccoli e medi acquirenti raramente figurano nei registri doganali come rivenditori per raffinatori e compratori stranieri. Inoltre, molti vengono messi in relazione con le concessioni per l'estrazione mineraria illegale a Madre de Dios.

Noi abbiamo incontrato e sentito una dozzina di minatori che lavorano illegalmente. La maggior parte ci ha detto di vendere l'oro soprattutto alle società commerciali A&M Metal Trading e Veta de Oro.

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Purtroppo, non siamo riusciti a verificare la fondatezza di queste informazioni. Nonostante i nostri ripetuti tentativi, le due compagnie hanno sempre rifiutato di incontrarci e non ci hanno permesso di visitare le loro attività sul campo. Ci è stato detto, a volte anche da imponenti guardie di sicurezza, che non avevamo alcun diritto di porre domande.

Nell'ambito della nostra ricerca per ottenere risposte abbiamo vissuto momenti davvero bizzarri. Per esempio, quando abbiamo incontrato un impiegato della Veta de Oro nella sede a due piani a Puerto Maldonado. L'uomo ci ha chiesto di porre fine alle nostre investigazioni e ci ha indicato che nel suo ufficio non ci si occupava di compravendita di oro, bensì si affittavano camere. Un grande cartello all'esterno indicava però a chiare lettere che i proprietari erano commercianti d'oro.

Presso l'ufficio della A&M Metal Trading, a Puerto Maldonado, la capitale regionale, un impiegato ha contattato l'avvocato della società e poi si è rifiutato di rispondere alle nostre domande, invitandoci ad andarcene.
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I responsabili della E&M Company a Huaypetuhe ci hanno segnalato i numeri di telefono delle sedi centrali indicate sui cartelli affissi nel loro negozio. Quando abbiamo cercato di contattarle telefonicamente, i numeri si sono rivelati sbagliati. Presso la Veta de Oro e la A&M Metal Trading ci è stato detto di indirizzare le nostre domande direttamente alla Activos Mineros, la compagnia privata che è stata autorizzata dal governo a concedere le licenze per l'acquisto d'oro nelle regioni in cui è diffusa l'estrazione illegale. Anche qui, però, le nostre sei e-mail non hanno avuto alcuna risposta e gli innumerevoli tentativi di avere qualcuno al telefono sono andati a vuoto.

Da tempo gli attivisti seguono con attenzione le attività della compagnia. "La Activos Mineros riceve denaro dallo Stato per svolgere delle attività di controllo, ma, in realtà, non fa alcun monitoraggio", spiega Christoph Wiedmer, co-direttore della Society for Threatened People, esperto d'importazioni d'oro dal Perù.
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I commercianti d'oro contribuiscono all'inquinamento ambientale. In forni improvvisati, l'amalgama di oro e mercurio viene riscaldata, liberando così fumi tossici nell'ambiente. Durante le nostre ricerche sul campo abbiamo visto questi vapori nocivi uscire dai negozi in cui si commercia oro. Quando abbiamo preso in mano la macchina fotografica per scattare delle immagini ai forni di fortuna, i commessi ce lo hanno impedito e ci hanno addirittura minacciato.

La quantità di mercurio nell'aria attorno a questi negozi è 1000 volte superiore al limite consentito in Perù e 10'000 volte superiore al livello definito negli Stati Uniti, indica Adam Kiefer, professore di chimica all'Università di Mercer. L'esperto ha collaborato con il ministero peruviano nell'ambito di una ricerca sull'inquinamento dell'aria nella regione.
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Stando a studi medici, l'inalazione e l'ingestione di mercurio può danneggiare il sistema nervoso, i reni e i polmoni e può causare malformazioni nei neonati.
(I colori viola e rossa indicano le aree più contaminate; esse coincidono con i luoghi in cui ci sono i forni per la fusione dell'oro)
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I legami con la Svizzera

L'oro "sporco" passa dai minatori illegali a una rete sommersa di compratori d'oro per poi essere venduto a commercianti e raffinatori stranieri.


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Ed è qui che entra in gioco la Svizzera. Il Paese nel cuore dell'Europa ospita diverse tra le più grandi raffinerie del mondo, tra cui la Metalor. La maggior parte dell'oro passa dalle sue mani. Il Perù è il sesto Paese esportatore d'oro nella Confederazione.
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Dopo essere stato raffinato in Svizzera, l'oro viene rivenduto in tutto il mondo. La Cina e l'India sono i principali acquirenti. La Svizzera esporta un volume di oro, gioielli e pietre preziose tre volte superiore a quello degli orologi.


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Nel 2018, la regione Madre de Dios si è guadagnata la prima pagina dei giornali dopo che il gruppo di sostegno con base in Svizzera Società per i popoli minacciati (SPM) ha pubblicato un rapporto in cui evidenziava la vendita di oro illegale al gruppo Metalor.

La SPM sosteneva che la società Minerales del Sur vendeva a Metalor oro estratto a Madre de Dios, area dove la maggior parte delle attività minerarie sono classificate illegali nonostante l'inasprimento dei controlli da parte del governo.

La società era autorizzata a vendere solamente l'oro proveniente dalle miniere a sud-est di Puno. Il suo proprietario ha concessioni su lotti di terreno a Huaypetue, località che si trova vicino alla riserva Amarakaeri Communal, nella regione Madre de Dios.

Il raffinatore svizzero Metalor respinge l'accusa mossale dalla STP, sostenendo che l'oro acquistato è stato estratto a Puno. Tuttavia, la quantità di oro comperata dalla Minerales del Sur supera la produzione nella regione, indica l'associazione elvetica, un'affermazione avvalorata dai dati forniti dal ministero dell'energia e delle miniere del Perù.
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Anche se le indagini continuano, la Metalor dice di non essere stata incriminata in Perù. Indicando una mancanza di "risorse per garantire il rispetto delle leggi", la compagnia ha deciso di non più acquistare e importare oro dal Perù e di interrompere ogni rapporto commerciale con i minatori e i rivenditori sudamericani.

Ma questa decisione potrebbe essere controproducente. Il governatore di Madre de Dios, Luis Hidalgo, ha detto a swissinfo.ch che la scelta di Metalor rischia di ostacolare la lotta contro l'estrazione mineraria illegale.

"Vogliamo che acquistino l'oro da chi lavora legalmente", dice Hidalgo. “La società svizzera deve sostenere finanziariamente i minatori affinché possano acquistare e impiegare una tecnologia d'estrazione pulita e aiutarli a vendere il loro oro".
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Per tecnologia "pulita" si intende, per esempio, la tavola vibrante per separare le pepite d'oro dalla terra, macchina usata, tra l'altro, dal minatore Juan Ttamiña. È un metodo alternativo all'impiego del mercurio.

Mark Pieth, professore di diritto penale presso l'Università di Basilea, ha pubblicato un libro sul riciclaggio d'oro in cui sostiene che i raffinatori svizzeri dovrebbero collaborare con i minatori artigianali per promuovere la produzione responsabile e sostenibile. Pieth dice che gli svantaggi per i raffinatori sarebbero minimi. In una recente intervista, il professore ha indicato che le società elvetiche, come la Metalor, spenderebbero "pochi spiccioli" per verificare in maniera trasparente e adeguata l'intera filiera produttiva dell'oro.

Il Consiglio federale sembra essere dello stesso avviso. Martin Peter, direttore presso la sede della Cooperazione e dello sviluppo economico della SECO in Perù, dice che "è nell'interesse delle compagnie occuparsi della sostenibilità affinché abbiano sul lungo termine accesso alle materie prime".
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Dal canto suo, Metalor sostiene che è necessario uno sforzo concertato di tutti gli attori coinvolti per migliorare la situazione in Perù: agenzie governative, minatori, autorità locali e ONG. "Ma non siamo ancora a questo punto", dice un portavoce della società a swissinfo.ch.

Gli attivisti e i difensori dei diritti umani in Perù e in Svizzera sostengono che la pressione esercitata dai consumatori potrebbe scoraggiare le attività minerarie illegali. Anni fa, gruppi della società civile svizzera si sono detti preoccupati per i rischi alla reputazione legati all'importazione di "oro sporco" nella Confederazione.

Ciò ha portato al lancio di un'iniziativa popolare che potrebbe costringere il governo elvetico ad agire. I votanti saranno presto chiamati alle urne per esprimersi sull'iniziativa Per imprese responsabili, che chiede alle aziende con sede in Svizzera di rispettare sia nella Confederazione che all'estero i diritti umani e le norme ambientali internazionali.

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Produzione

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Autrice: Paula Dupraz-Dobias

Immagini: Sebastian Castañeda e Paula Dupraz-Dobias (foto addizionali di ATS-Keystone)

Grafici: Kai Reusser e Alexandra Kohler

Video: Sebastian Castañeda e Paula Dupraz-Dobias

Produzione: Dominique Soguel

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Appendice: le risposte di Metalor

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A che punto sono le indagini peruviane sulla vendita d'oro di Minerales del Sur o di altre società al gruppo Metalor?
Le indagini su Minerales del Sur sono condotte dalle autorità peruviane. Metalor non è in alcun modo incriminata e non conosciamo ulteriori dettagli.

Il pubblico ministero peruviano ha contattato la Metalor dopo il sequestro di 91 chili d'oro nel 2018?
Ci è stato chiesto di fornire informazioni relative ai nostri rapporti commerciali con la Minerales del Sur. Come richiestoci, abbiamo inoltrato tutta la documentazione necessaria (accordo, fatture, prove di bonifici bancari ecc.).

Minerales del Sur conosceva la provenienza dell'oro sequestrato?
Ogni spedizione è accompagnata da una documentazione con tutte le informazioni necessarie, compresa la concessione della miniera da cui proviene il minerale. Non abbiamo motivo di credere che queste informazioni non siano corrette, ma non possiamo nemmeno garantirlo. L'inchiesta farà luce anche su questo aspetto.

Metalor sta riconsiderando la decisione di non più acquistare oro dal Perù alla luce dell'inasprimento delle misure volte a impedire l'estrazione illegale a La Pampa e a formalizzare la produzione mineraria nella regione Madre de Dios?
Accogliamo positivamente queste misure, ma attendiamo l'attuazione pratica. Madre de Dios è una regione da cui il nostro gruppo non compera più alcun minerale. Non crediamo che ciò cambi prossimamente. Per quanto riguarda le miniere artigianali siamo disposti a valutare altre opzioni. Tuttavia ci deve essere uno sforzo concertato da parte di tutti gli attori coinvolti (tutte le agenzie governative, minatori, autorità locali e ONG). Non siamo però ancora a questo punto. In Perù continuiamo a collaborare con miniere industriali.

Come rispondete alle critiche, espresse anche dal governatore di Madre de Dios, secondo cui il gruppo Metalor dovrebbe aiutare i minatori nel processo di formalizzazione e sostenerli finanziariamente per acquistare tecnologia pulita, ossia macchinari che non richiedono l'impiego di mercurio?
Metalor ha sostenuto in maniera decisiva il processo di formalizzazione. È il modo migliore per i minatori per ottenere un prezzo giusto per il loro oro e per migliorare le condizioni di lavoro, applicando i metodi sostenibili da un punto di vista ambientale. Tuttavia, il nostro gruppo non si può assumere questa responsabilità. Come già detto è un impegno che tutte le parti in causa devono assumersi.

Quanto sapete sulla provenienza dell'oro dei vostri acquirenti diretti? È possibile risalire in maniera trasparente all'origine dell'oro?
A questa domanda abbiamo già risposto sopra quando abbiamo indicato che ogni spedizione è accompagnata dalla necessaria documentazione.

Avete mai interrotto i rapporti commerciali perché la produzione di un'azienda superava la quantità d'oro che era possibile estrarre? Se sì, con quali compagnie?
Monitoriamo periodicamente il volume di produzione per evitare situazioni analoghe a quelle descritte da lei. Sì, abbiamo interrotto rapporti commerciali nel rispetto della legge. Non compromettiamo i nostri valori per fare affari.

Il gruppo Metalor si è già rivolto alle autorità peruviane per esprimere le proprie preoccupazioni sull'origine dell'oro e sulla legislazione lassista in ambito di compravendita d'oro?
Sì, quando abbiamo partecipato al processo di formalizzazione e a più riprese da allora. Tutte le risposte ottenute dalle varie autorità peruviane (ministero delle miniere, Activos Mineros, ufficio della formalizzazione, Sunat) sono molto rassicuranti. Tuttavia, siamo delusi perché il quadro legislativo e la sua applicazione non sono sufficientemente solidi.

Siete a conoscenza di qualche complicità tra i maggiori acquirenti nella regione Madre de Dios e se questi si scambiano o uniscono il proprio oro.
No. Metalor non compera oro in questa regione.
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Intro

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Miner 1

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Miner 3

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